Il caffè decaffeinato non priva dei benefici del caffè, ma elimina alcuni effetti indesiderati provocati dalla caffeina che vi è contenuta.
Se da una parte si consuma il caffè per avere una sferzata di energia proprio grazie alla caffeina, dall’altra si potrebbe infatti voler limitarne l’effetto eccitante e neurostimolante senza rinunciare al gusto.
Ecco perché da decenni si cerca il miglior compromesso tra un caffè dal buon sapore e un contenuto minimo, o addirittura assente, di caffeina. Se un tempo il caffè decaffeinato era legato al concetto del caffè liofilizzato (o istantaneo, o solubile, come lo si voglia chiamare), non certo dedicato al palato degli intenditori, ormai il mercato è in grado di offrire miscele di caffè dagli aromi sofisticati anche in versioni decaffeinate, sia per la vendita del caffè sfuso che nelle moderne versioni di capsule e cialde.
Fra leggende metropolitane e verità scientifiche, ecco come e perché viene decaffeinato il caffè: dalla scoperta casuale del procedimento di decaffeinizzazione alle esigenze del gusto che condizionano il mercato.
Perché, sfatando falsi miti, buono e decaffeinato sono due caratteristiche del caffè che possono coesistere.
Decaffeinare il caffè: i principali metodi, tra storia e leggenda
Si racconta che intorno al 1905 una partita di caffè destinata ad un commerciante tedesco, Ludwig Roselius, entrò casualmente a contatto con l’acqua del mare durante il trasporto. I grani di caffè, lavorati e tostati come al solito, risultarono essere salati, ma privi di gran parte della caffeina; questo suggerì a Roselius di usare dei solventi insapori per rimuovere la caffeina dal caffè. Scelse solventi poi rivelatisi cancerogeni e sostituiti, ma iniziò l’era del caffè decaffeinato con il famoso marchio Hag.
Intorno al 1970 un altro tedesco, Kurt Zosel, anche questa volta un po’ per caso, scoprì che solventi come il diclorometano, poi sostituito con l’anidride carbonica”supercritica” (con caratteristiche miste tra lo stato gassoso e quello liquido grazie all’alta pressione a cui viene sottoposta), sono in grado di separare alcune sostanze tra loro e, in particolare, la caffeina dai chicchi di caffè. Brevettò il sistema di decaffeinizzazione, che viene ancora largamente usato, e con cui si ricava la caffeina che viene poi usata separatamente, in prodotti farmaceutici o come additivo alimentare, ad esempio nelle bibite energetiche.
Questo sistema pare essere quello che meno intacca le qualità organolettiche del caffè e le sostanze benefiche in esso presenti. Soprattutto con il trattamento decaffeinante a base di anidride carbonica supercritica si preservano gli oli naturali del caffè, chiamati diterpeni, che sono alla base di composti come il retinolo, o hanno proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie, addirittura antitumorali, e sono ritenuti in grado di contrastare l’ipercolesterolemia.
Un terzo sistema è di origine svizzera, che sfrutta acqua, solventi, vapore e i complessi equilibri di saturazione della caffeina: della sua possibilità di migrare da un chicco di caffè all’altro o dal liquido al chicco e viceversa.
Attualmente il caffè decaffeinato viene prodotto a partire da questi sistemi e da mix di essi, ovviamente affinati nel corso del tempo e resi più sicuri per la salute del consumatore. Il punto di partenza è sempre il chicco di caffè ancora verde, ed è dopo l’estrazione della caffeina che il chicco viene lavato, cotto al vapore, tostato. A questo punto non c’è comunque più traccia di acqua o di solventi.
Quanta caffeina c’è nel caffè decaffeinato?
La decaffeinizzazione non elimina la caffeina al 100%, ne rimuove circa il 97%. Una tazzina di caffè contiene quindi circa 2 mg di caffeina, contro i 95 mg di una tazzina di caffè normale.
Se 400 mg al giorno di caffeina possono essere tollerate dall’organismo, ecco che qualche tazzina di caffè decaffeinato non nuoce certo alla salute, presumibilmente nemmeno su quella di soggetti sensibili, come cardiopatici o ipertesi, che comunque debbono attenersi ai consigli del medico specialista.
Una curiosità: il caffè naturalmente privo di caffeina
Esiste una specie selvatica di caffè che per sua natura non contiene caffeina. Si tratta della Coffea charrieriana, scoperta nel Camerun occidentale, dal professor André Charrier, da cui ha preso il nome.